In molte aree della penisola italiana, i periodi di maggior inquinamento si collocano durante la stagione invernale in quanto le emissioni dovute agli impianti di riscaldamento si sommano a quelle sempre presenti derivanti da traffico e industrie. Pertanto, è fondamentale trovare modi di riscaldarsi che siano sempre più rinnovabili e sostenibili al fine di ridurre al minimo le emissioni liberate nell’atmosfera.
A tal riguardo, l’energia prodotta tramite l’utilizzo delle biomasse è considerata particolarmente rispettosa dell’ambiente, in quanto viene ricavata da materiali presenti in natura che producono una quantità di anidride carbonica pari a quella assorbita durante il loro processo di formazione.
Nonostante ciò, una delle fonti di inquinamento più rilevanti è rappresentata proprio dalla biomassa legnosa non gestita in modo adeguato (costituisce infatti la terza fonte emissiva dopo il trasporto su strada e l’agricoltura). Diventa quindi essenziale gestire correttamente la produzione dell’energia tramite biomasse al fine di liberare nell’atmosfera il minor numero di sostanze inorganiche e fumi di combustione.
La combustione della biomassa legnosa (in primis pellet e legna da ardere) produce la stessa quantità di CO2 che la pianta ha precedentemente assorbito nel suo ciclo di vita creando un equilibrio definito “carbon neutral”.
Al contrario, se si utilizzano fonti fossili, per produrre la stessa energia termica si immette in atmosfera un quantitativo di anidride carbonica che, senza l’opera dell’uomo, resta immagazzinata nel terreno.
Difatti, come rilevato da numerosi studi, a parità di energia termica prodotta, l’uso di biomasse legnose consente di ridurre le emissioni di CO2 tra l’89% e il 94% rispetto ai combustibili fossili tradizionali.
Di seguito riportiamo un esempio di un confronto tra le emissioni di CO2 liberate in atmosfera per ogni megawattora di energia primaria prodotta:
• gasolio = 326 kg di CO2 a MW/h
• GPL = 270 kg di CO2 a MW/h
• metano = 250 kg di CO2 a MW/h
• pellet = 29 kg di CO2 a MW/h
• legna da ardere = 25 kg di CO2 a MW/h
Per analizzare la produzione di particolato dovuta al riscaldamento a biomassa, è essenziale distinguere gli impianti moderni ed efficienti da quelli obsoleti. Questo perché sebbene il riscaldamento domestico a biomassa produca polveri sottili, la maggior parte delle emissioni di PM10 (ovvero polveri con un diametro inferiore a 10 µm) è generato da stufe e caminetti caratterizzati da tecnologie di combustione obsolete e ormai superate.
Gli apparecchi a legna e pellet installati in Italia da più di 10 anni sono più di 6 milioni e rappresentano circa il 70% del totale installato, contribuendo all’emissione dell’86% del PM10 derivante dalla combustione domestica di biomassa. Ad esempio, nella Pianura Padana circa il 17% del particolato presente in atmosfera è riconducibile alla sola combustione di biomassa: di questo 17%, l’80% proviene da stufe e caminetti vecchi e non più a norma.
Grazie allo sviluppo di tecnologie sempre più avanzate, i nuovi generatori permettono di ridurre drasticamente le emissioni nocive, rendendole quasi trascurabili: i sistemi di riscaldamento a legna e pellet moderni ed efficienti sono caratterizzati da emissioni di PM10 da 4 a 8 volte inferiori rispetto ai generatori più datati.
Regolamentare in modo rigido e universale tutto il ciclo produttivo della biomassa in modo da impedire lo sfruttamento del suolo e delle risorse naturali stesse nel pieno rispetto delle comunità locali.
Il generatore, oltre ad essere installato da persone qualificate e secondo le normative vigenti, necessita di una manutenzione periodica che permette di avere negli anni un impianto efficiente e sicuro.
Utilizzare un apparecchio efficiente e moderno a 4 o 5 stelle che consente di ridurre drasticamente le emissioni.
Per favorire l’identificazione dei generatori più efficienti, l’AIEL (Associazione Italiana Energie Agroforestali) ha dato vita al progetto “Aria Pulita”, ossia un sistema che certifica i generatori a biomassa tramite l’attribuzione di “stelle”.
Più stelle possiede un impianto, meno emissioni produce e più alto è il suo rendimento.
Il punteggio più basso previsto è “due stelle”:
• “prestazioni standard”
• stufe meno efficienti perchè il rendimento è basso
• spesso soggette a blocchi perché le emissioni sono alte e molto inquinanti (infatti in molte regioni italiane non sono più a norma)
Il punteggio più alto è “cinque stelle”:
• “emissioni ottime e non inquinanti“
• poco combustibile impiegato per rendimenti termici alti
• non sottoposte ai blocchi decisi dai comuni
• spesso soggette a incentivi (vedi sotto)
Bruciare solo combustibile di qualità che garantisce una combustione pulita.
LEGNA: oltre che dal potere calorifico, la qualità della legna è rappresentata dal suo grado di umidità. Legname più “bagnato” richiede maggiore energia per vaporizzare l’acqua, riducendo così l’energia netta che rimane disponibile per il riscaldamento. La legna più stagionata è quella che possiede un tasso di umidità inferiore al 20%.
PELLET: comprare pellet di alta qualità per evitare di imbattersi in materie prime a cui siano stati aggiunti solventi, colle o additivi chimici per rendere la pressatura più facile e duratura. Queste sostanze rappresentano un problema sia perché il rendimento termico del combustibile cala, sia perché ciò crea danni all’ambiente (quando bruciate inquinano e sprigionano fumi tossici).
A livello internazionale, il marchio più importante e diffuso che certifica la qualità del pellet è rappresentato da ENPlus®, l'unico di cui è garantito il controllo lungo tutta la filiera. Nel sacco di pellet dovrebbero pertanto essere presenti: il marchio ENPlus®, la norma ISO 17225-2 (il riferimento con le quali vengono apposte le classi di qualità ENPlus®), la classe di qualità A1 o A2 nonché il codice identificativo dell'azienda certificata (formato dalla sigla del Paese e da un numero progressivo di certificazione).
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